La bambina aveva il suo piccolo casco tra le mani; lo stringeva con orgoglio. Era andata in moto con il suo papà. Al supermercato avevano preso solo una confezione di pizzette da cuocere al forno in pochi minuti. Sarebbe stata la loro cena. Chissà che storia si nasconde in questa famiglia "a due" - ho pensato.
Spesso mi soffermo a pensare a che vita ci sia dietro sguardi tristi, stanchezza che traspare da movimenti lenti, svogliatezza che si fa strada mentre la quotidianità ci costringe più a fare che a desiderare. Ma mi piace immaginare anche quello che si cela dietro i sorrisi degli innamorati, che fanno la spesa per cene che saranno madide di dettagli da raccontare e da ricordare.
Eppure, in questo tempo così convulso - nel quale non abbiamo mai tempo, nel quale rimandiamo sempre fino a data da destinarsi, che poi quando quel tempo arriva ci coglie impreparati - mi impongo di continuare ad immaginare. E questa pratica, ultimamente mi fa molto male. Perché immaginare le vite degli altri, non sempre è fantasticare su "come possano essere"; no, ultimamente immaginare le vite degli altri significa sapere che “non sarà mai più”, significa vedere scorrere davanti agli occhi le immagini di quella “tabula rasa” che si consuma in quella terra di nessuno, nella quale non ci sono più vite da vivere ma da sopravvivere, mentre tutto intorno è un inferno di macerie, di morte, di terrore che inghiotte e fa calare il buio sul futuro che ha perso contorno e significato.
Quelle madri che stringono al petto figli senza forza e senza sogni, denutriti e depredati di un’esistenza che è diritto insindacabile dell’essere umano a tutte le latitudini, cancellato da crimini perpetrati da colui che sta compiendo un genocidio, una vera e propria pulizia etnica. Un genocidio in diretta 24 ore su 24.
Perché no, non regge la questione “andremo a prendere i membri di Hamas ovunque loro siano”.
Perché sono stati uccisi 20 palestinesi all’ora in questi 720 giorni e la vita dei palestinesi vale quanto la vita degli ostaggi israeliani.
Una popolazione affamata, aggredita, annientata, cacciata, lasciata morire è una barbarie che finirà nei libri di storia e che dovrebbe lacerare le coscienze di coloro che ancora non hanno il coraggio di prendere le distanze, di scegliere da che parte stare, di raccontarla quella storia, per com’è e non per come conviene.
Come si può immaginare senza provare indignazione profonda, mentre Gaza sta bruciando, ridotta in briciole, invasa da carri armati, droni e bombe lanciate per distruggere quello che resta della città. 37 raid in 20 minuti, e il cielo di Gaza si illumina di arancione in piena notte. Israele non torna indietro, perché il suo scopo – ormai è chiaro – non è solo distruggere Hamas. E sono gli stessi israeliani che urlano “basta!”
Che storie ci sono nelle vite di chi sta dalla parte sbagliata della storia?
Loro non si fermano, dicono.
Neanche noi nel continuare a gridare all’orrore.
Un orrore che scaturisce anche nel dover scoltare le parole di molti politici di questo goberno Meloni che minimizzano (e a volte denigrano) l’operazione marittima verso Gaza della Global Sumud Flottilia che ha – contrariamente a quanto sostengono i rappresentanti del governo attuale - come unico scopo l’aiuto umanitario lì dove manca davvero tutto. E il governo italiano dovrebbe proteggere questa operazione umanitaria, non ignorarla, sbeffeggiarla, sminuirla.
Intanto Genova minaccia un blocco, minaccia di paralizzare il paese, se Israele dovesse muovere azioni contro la Flottilia o se dovessero cessare i contatti con la stessa. Però intanto nessun rapporto commerciale con Israele viene bloccato.
Questa è la storia che un giorno, forse, farà piangere le nuove generazioni, quando la studieranno nei loro libri di testo.
Ma non doveva essere “mai più?”
L’orrore che si ripete. Per mano di chi un tempo subì.
Un incubo ad occhi aperti.
Immagino la fame, il dolore di bambini amputati, soli, traumatizzati da un inferno che non dovrebbe appartenergli.
E torno, come per voler respirare dopo un’apnea troppo lunga, al pensiero della bimba al supermercato di ieri sera, alla sua pizzetta infornata, al giro in moto, al sonno nella sua casa, al sicuro.
Farò il mio.
Racconterò dell’ingiustizia subita da chi ad oggi, non sa più dove scappare per mettersi in salvo; l’ingiustizia subita da chi, non sa più come salvarsi dalla tabula rasa, voluta da potenti che giocano a conquistare il mondo, radendo al suolo una civiltà.
Recita il vocabolario: La forma particolare con cui si manifesta la vita materiale, sociale e spirituale d'un popolo.
LE FOTO SONO DEL PROFILO INSTAGRAM DI GIULIO CAVALLI
