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Le lacrime di Roberto Saviano e la sua vita rubata

15/07/2025 12:24

Simona Stammelluti

Attualità, Cronaca, Politica, Opinione, cultura, sentenza , roberto saviano , rosaria capacchione , Francesco Bidognetti , Michele Santonastaso, one more time , vita sotto scorta, giustizia e verità,

Le lacrime di Roberto Saviano e la sua vita rubata

Mi hanno molto colpita ed emozionata le lacrime di Roberto Saviano subito dopo la sentenza che ha confermato la condanna a 18 mesi per Bidognetti.

Mi hanno molto colpita ed emozionata le lacrime di Roberto Saviano subito dopo la sentenza che ha confermato la condanna a 18 mesi per Bidognetti. GIà nel 2021, i giudici avevano condannato  gli autori del “proclama” di odio e minacce  (che oltre a Saviano prendeva di mira anche la giornalista Rosaria Capacchione) riconoscendo l'aggravante del metodo mafioso.Un anno e sei mesi per il boss dei casalesi Francesco Bidognetti già detenuto in regime di carcere duro, ed un anno e due mesi per il legale dello stesso, Michele Santonastaso. 

Quel proclama fu una vera e propria sentenza di morte.
Confermata ieri dunque la condanna. 

La camorra in tribunale ha dato la sua interpretazione - dice Saviano - ossia che è l'informazione a mettere loro paura. Con questo secondo grado se ne ha la dimostrazione. I boss e i loro avvocati, misero nel mirino chi raccontava il potere criminale; e non attaccarono la politica, ma attaccarono il il giornalismo, insinuando che avrebbero ritenuto i giornalisti responsabili delle loro condanne. Non era mai successo in un aula di tribunale e in nessuna parte del mondo”.
Le lacrime di sfogo e sollievo di Saviano, alla lettura della sentenza, mentre abbraccia il suo avvocato mi hanno davvero molto colpita. Così come le sue parole, che non sono di resa e non sono neanche di rimorso, ma sono di rimpianto; di rimpianto per quella vita che gli è stata davvero rubata. 
La scorta degli ultimi 16 anni gli ha vietato tutto.
E la solitudine è stata senza dubbio il macigno più pesante da sostenere. 

La grande solitudine che tu provi - diceva Saviano durante l'intervista a One More Time - è che chiunque ti sia accanto lo costringi alla cattività, a nascondersi, alla manipolazione della sua vita. Per questo tento di tenere le persone distanti da me, anche quando sono prossimi a me. Nessuno deve pagare quello che sto pagando io, perché poi non ne puoi più, non ne puoi più di vivere in questa dinamica e a queste regole”. 

E c'è poi anche la solitudine dell'attacco politico, dell'esposizione che ti costringe all'incomprensione.

Abbiamo mai immaginato come possa essere la vita di un uomo che vive (o meglio non vive) come Roberto Saviano? 
No, è inimmaginabile per noi che possiamo fare tutto, semplicemente vivendo.


Come dice lo stesso Saviano, “16 anni di processo non sono una vittoria per nessuno”. 

E' vero, la sua vita è stata maciullata, lui è stato travolto da tutto questo. 
Si sente in un limbo, Saviano, né vivo né morto. 
Lì, mi hanno lasciato” - dice. 
Una parte della politica, come lui stesso sottolinea, sostenevano che fosse tutto falso, che era tutta una menzogna, che era tutto un'operazione. 

 Ora Saviano spera che quella parte politica (nessuno della politica ieri in aula) possa capire di essere stata complice di quegli uomini che avevano messo nel mirino i giornalisti, in nome degli affari che facevano, nel campo del cemento, dei rifiuti, compreso investimenti e politica. Tutto, mentre lui e Rosaria Capacchione venivano tenuti in un processo durato 16 lunghi ed estenuanti anni. 

Com'è vivere sotto minaccia e sotto scorta per tutti questi anni? - Chiede una giornalista all'uscita dalla sentenza.
Impossibile rispondere, replica Saviano. 
“Loro mi hanno rubato la vita, ed io me la sono fatta rubare”. 
Per anni c'è stato chi ha detto che Saviano non aveva bisogno della scorta. 

Ma la frase che - da giornalista - mi ha più colpito di quanto detto da Roberto Saviano è: 

 

 “A chi vuole ancora occuparsi di criminalità organizzata, dico questo: non fatelo da soli. Fate rete. Non mettete soltanto il vostro corpo in gioco. Non illudetevi. Alla fine di questo percorso lungo e doloroso, l’unica certezza è che l’informazione ha fatto paura. Ma chi l’ha portata avanti, ne è uscito spezzato.
Non permettete che accada ancora. Mai più"

 

Questo mi commuove. 
È come ammettere che se si tornasse indietro, probabilmente non lo si farebbe più. 
Un tentativo di salvare chi come lui, non ha intenzione di girarsi dall'altra parte. Eppure la sua vita è la testimonianza di come da una lotta contro la criminalità organizzata se ne esce spezzati, annientati, con una vita a brandelli. 
Ma, mio caro Roberto, se ne esce anche con la gratitudine, con la stima, con la riconoscenza, per tutto quello che hai fatto e che rappresenti e hai rappresentato. Io, da giornalista e scrittrice ti devo tanto, perché passo dopo passo ho capito che alcune verità seppur ci mettano tanto a mostrarsi, alla fine appaiono in tutta la loro crudele verità.
Come tu abbia fatto a sopportare tutto quello che è accaduto da quando avevi solo 29 anni, lo disconosco. 
Ma conosco quella tempra, quella tenacia, quella costanza che ti ha sorretto, anche in quel commomente momento in cui hai pianto, durante la sentenza. 

Che augurarti, caro Roberto se non di resistere?
Sì, di resistere, ancora. 
Ed ogni volta che ti girerai, saremo con te. 
Perché sei simbolo di giustizia e verità. 
E quello che hai insegnato, con la tua vita, io, da giornalista e da cittadina, non lo dimenticherò. 



 

 

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