I libri non si leggono più, dicono le statistiche.
Si legge e si vende sempre meno, ci dicono dal mondo dell'editoria.
Per la musica è - se fosse possibile - anche peggio. La musica usa e getta, gli streaming, le piattaforme che decretano i “vincitori”, quelli che di musica non ci capiscono quasi nulla, che non hanno mai studiato, che con una botta di autotune, pensano di poter conquistare il mondo.
E poi ci sono quei premi, che provano a salvare quel barlume di cultura ormai alla deriva.
Non che un premio possa fare miracoli, anche perché a decretare i vincitori sono un numero irrisorio di votanti, ma almeno per un giorno (o giù di lì) si parla di arte, di persone pensanti, che hanno qualcosa da dire e che sanno come dirla, che hanno studiato, hanno fuso il sapere all'ispirazione, hanno provato a comunicare un messaggio e Dio solo sa quanto si abbia bisogno di messaggi propizi, in questo momento storico nel quale il mondo è sprofondato nel dolore, nella guerra di potere, nei soprusi e nell'ignoranza.
E così abbiamo conosciuto i nomi dei vincitori dei premi che riguardano la scrittura, perché alla fine il cantautorato quello è, è assimilabile alla scrittura di libri, perché i cantautori scrivono, mettono su storie, immaginate e non, creano connessioni e suggestioni, proprio come gli scrittori, solo che in più utilizzano la forza della musica, che è un carico importante. Non servono grandi arrangiamenti, ai cantautori, serve il senso dell'armonia, del pathos, della ricchezza di sfumature che la musica sa consegnare.
Le Targhe Tenco (consegnate da esperti di musica e da giornalisti di settore) sono un premio prestigioso, che premia appunto la canzone d'autore, e che celebra la carriera di artisti, che con la propria musica e la propria carriera, appunto, hanno dato un contributo significativo alla canzone d'autore.
Il premio, istituito nel 1974 è intitolato a Luigi Tenco, cantautore prematuramente scomparso, considerato una icona del cantautorato.
Lucio Corsi, che ai più è sembrato quasi uscito dal nulla, Vincitore di Sanremo 2025, vince i premi come miglior album e miglior canzone. Ma il cantautore toscano, così come gli altri partecipanti, non sono affatto usciti dal nulla, sono invece frutto di un percorso a tratti silenzioso nel quale si traccia una strada fatta di studio e verità. Sì perché la verità è essenziale quando si vuole raccontare qualcosa che appartiene a sé e che poi si vuole condividere.
Anche la vittoria di La Niña nella sezione miglior album in dialetto è significativa. La riscoperta della lingua nella propria prosodia intrinseca, fatta di accenti, di un sistema linguistico riconosciuto e che arriva fin dentro le radici del sistema semantico e semiotico. Anche la Brancale lo fa da un po'. Le sonorità del dialetto barese che si insinuano in una musica colorata e accattivante. Direte ma queste cose non sono semplici, non sono per tutti. Ed invece sono per tutti quelli che hanno voglia di scoprire e di comprendere i segni, il loro significato; È semplice per chi è curioso di comprendere le radici di un linguaggio e dei suoi accenti che danno vita alla canzone dialettale che è madida di significati, di costume, di suggestione.
È facile per tutto coloro che sono curiosi. E cos'altro se non la curiosità alimenta la cultura? Senza la curiosità verso il nuovo, non c'è cultura, non c'è rinnovamento.
Anche Anna Castiglia, vince la Targa Tenco nella sezione miglior opera Prima. Ma mica è l'ultima arrivata. Alle spalle ha tanto studio anch'ella. Siciliana, trapiantata a Milano, vincitrice di Musicultura 2024. Studia e scrive sin da bambina. Studia chitarra classica e poi canto. Studia. E poi scrive. Anche. Lo studio è la strada. La scrittura le varie tappe lungo il cammino. Nata in una famiglia di artisti, lei studia. Studia canto, recitazione, danza. Si diploma. Se lo prende il ruolo di cantautrice, perché è brava, capace, convincente. Poi fonda Canta Fino a DIeci, il collettivo di cantautrici femministra con l'obiettivo di contrastare il gender gap nel mondo della musica. E fa bene, perché le donne, seppur brave, fanno sempre più fatica. Sono quelle che se anche laureate, che hanno fatto master, conoscono le lingue straniere, devono accontentarsi di essere chiamate “signora”, come se bastasse così. NO, non basta.
E meno male che ci sono donne come Caroline Pagani, cantante e attrice, anch'ella vincitrice della TargaTenco per la sezione miglior progetto, che ha realizzato un progetto sulla musica di suo fratello Herbert, artista poliedrico, visionario, attento al significato della pace. Il progetto vincitore è stato realizzato con la partecipazione di artisti come Fabio Concato, Danilo Rea, Giorgio Conte, Alessandro Nidi, e con autori degli arrangiamenti come Moni Ovadia, Francesca Dalla Monaca.
Un piccolo grande riscatto, perché si ha bisogno di uno spazio nel quale non solo esprimersi, ma anche per far vedere cosa si è capaci di fare, e spesso quello che si fa è degno di nota.
Anche il Premio Strega resta quel “lasciapassare” nella scoperta del gusto letterario. Anche di quello, sì, la cultura ha bisogno. Nel tempo i cui i ministri della cultura non leggono i libri neanche quando devono, e mentre il “gusto”, la raffinatezza sono caratteristiche ormai in disuso, il gusto letterario è un balsamo per chi non ha voglia di arrendersi alla bruttura incombente o a quella finta perfezione che tutti rincorrono senza pensare al baratro che li attende.
E poi l'importanza della capacità di raccontare i cambiamenti, senza dimenticare le tradizioni, per poi riscoprire una nuova storia, che sa di speranza, di riscatto, di quella bellezza che a volte sana un po' le ferite.
Li leggo sempre tutti i libri vincitori del Premio Strega; ma non solo quelli, ci tengo a dirlo. Sono una di quelle lettrici accanite, o incallite, fate voi. Leggere, ancora mi salva, mi ispira, mi riconcilia con un mondo che non riconosco più e che non mi piace più. Anche quest'anno leggerò il libro che ha vinto: “L'anniversario” di Andrea Bajani, ma prima devo finire i libri di Sally Rooney, di Michela Murgia e di Corrado Augias. Tutti a portata di mano e di emozioni.
Certo, i temi trattati da Bajani sul tentativo di riuscire a sbarazzarsi di una famiglia dove vige la violenza del padre-padrone, la sottomissione, i tabù, la censura, mi interessano particolarmente. L'accento sulla realtà lo può mettere solo la cultura, che si sta spegnendo, ma quel barlume va difeso.
Ognuno faccia la propria parte.
Io, anche oggi, ho fatto la mia.
S
